Natalità. Istat: nuovo record negativo di nascite nel 2022: -1,7% rispetto al 2021

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La curva discendente delle nascite non accenna a diminuire nel nostro Paese, che nel 2022 registra un nuovo superamento al ribasso del record di denatalità. Le nascite tra la popolazione residente sono infatti, secondo i nuovi dati Istata pubblicati oggi, 393.333 nel 2022, 6.916 in meno rispetto al 2021 (-1,7%). Dal 2008, anno in cui il numero dei nati vivi ha registrato il più alto valore dall’inizio degli anni Duemila, i nati residenti in Italia sono sistematicamente diminuiti. In termini assoluti, la riduzione medio-annua ammonta a circa 13mila unità, quella relativa al 2,7%. Rispetto al 2008 oggi si rilevano oltre 183mila nascite in meno (-31,8%).

Il calo delle nascite è in parte causato dai mutamenti strutturali della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra 15 e 49 anni. In questa fascia di popolazione le donne sono infatti meno numerose di un tempo. Quelle nate negli anni del baby-boom (dalla seconda metà degli anni Sessanta alla prima metà dei Settanta) sono quasi tutte uscite dalla fase riproduttiva mentre quelle che oggi ancora vi si trovano scontano l’effetto del cosiddetto baby-bust, ovvero la fase di continua riduzione della fecondità del ventennio 1976-1995 che ha portato al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995.

Negli ultimi anni – spiega l’Istat – si è inoltre attenuato l’effetto positivo sulle nascite determinato dalla popolazione straniera, esercitato a partire dai primi anni Duemila. In quegli anni le donne straniere realizzavano i loro progetti riproduttivi contribuendo in modo importante all’aumento delle nascite e della fecondità di periodo. Tale apporto negli ultimi dieci anni tende a perdere di efficacia, mentre aumenta la presenza straniera (oggi pari all’8,6% della popolazione residente totale, contro il 7,6% del 2012) e maturano i processi di integrazione e di adeguamento agli stili di vita del Paese di accoglienza.

 

Genitori senza esperienza coniugale per oltre un nato su tre
Nel 2022, in un contesto di natalità decrescente, prosegue l’aumento dei figli nati fuori dal matrimonio: sono 163.317 (+3,5mila sul 2021, quasi 50mila in più sul 2008), pari al 41,5% del totale, di cui il 35% con genitori che non sono mai stati coniugati e il 6,5% da coppie in cui almeno un genitore proviene da una precedente esperienza matrimoniale. Dall’inizio del millennio la quota di nati fuori dal matrimonio sul totale dei nati è sistematicamente aumentata, guadagnando 33 punti percentuali.

La quota più elevata di nati da genitori non coniugati si osserva nel Centro (48,7%), seguono Nord-ovest (42,4%) e Nord-est (42,3%). Il Mezzogiorno, dove si registra la quota più bassa (36,8%), riduce il differenziale con le altre ripartizioni per il più sostenuto ritmo di incremento degli ultimi anni. La regione con la più alta proporzione di nascite more uxorio è la Sardegna (53,6%). Nel Centro spiccano l’Umbria (51,1%), il Lazio (49,5%) e la Toscana (48,6%); al Nord-ovest la Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste (49,3%) e al Nord-est la provincia autonoma di Bolzano/Bozen (48,1%). Le percentuali più basse si registrano in Calabria (30,4%) e in Basilicata (29,2%). Tra genitori entrambi italiani i nati fuori dal matrimonio raggiungono il 44,7%. Tra le coppie miste, l’incidenza è più elevata se è il padre a essere straniero (38,3%) rispetto alle coppie con madre straniera (31,8%). Per i nati da genitori entrambi stranieri la quota raggiunge il 26,9%, 18 punti percentuali in meno rispetto alle coppie di genitori entrambi italiani.

L’aumento della quota dei nati fuori dal matrimonio nell’ultimo anno (+1,6 punti percentuali), è in linea con la crescita media degli ultimi dieci anni (+1,5). La tendenza ad avere figli fuori dal matrimonio è diffusa soprattutto tra i giovani. I nati fuori dal matrimonio costituiscono il 59,5% delle nascite tra le giovani fino a 24 anni e il 41,9% tra i 25 e i 34 anni. Tra le coppie di entrambi italiani si arriva rispettivamente al 73,2% e 45,7%. Dopo i 34 anni di età, la quota di nati fuori dal matrimonio si attesta a 36,6% per il complesso delle coppie e al 38,5% per le sole coppie di genitori italiani.

Le nascite fuori dal matrimonio sono perlopiù quelle da coppie di genitori celibi e nubili (l’84,2% delle 163mila nascite nel 2022 contro un 15,8% da coppie nelle quali almeno uno dei due proviene da precedente esperienza coniugale). Ciò si deve al fatto che, soprattutto tra le coppie più giovani, aumenta l’adesione a un sistema valoriale per il quale il matrimonio rappresenta meno che in passato il passaggio obbligato prima di avere dei figli. Tra le madri fino a 24 anni di età, per esempio, la quota di nascite da genitori mai coniugati rappresenta il 54,6% del totale, contro il 36,4 % di quelle di età compresa tra i 25 e i 34 anni e il 28,0% delle over34enni.

La diminuzione dei nati è comunque attribuibile per la quasi totalità al calo delle nascite da coppie di genitori entrambi italiani (311.117 nel 2022, quasi 169mila in meno rispetto al 2008). A diminuire sono poi soprattutto le nascite all’interno del matrimonio, pari a 230.016, circa 10mila in meno rispetto al 2021 e 233mila in meno nel confronto con il 2008 (-50,3%). Può dirsi, di fatto, conclusa quella fase positiva che nel primo decennio degli anni Duemila vedeva le donne italiane recuperare le nascite rinviate dagli anni Novanta. La denatalità prosegue anche nel 2023; secondo i primi dati provvisori riferiti a gennaio-giugno, le nascite sono diminuite, rispetto allo stesso periodo del 2022, di circa 3.500 unità (-1,9%).

Aumentano i primogeniti, effetto del recupero sugli anni della pandemia

Da diversi anni in Italia si osservano delle criticità che incidono sulle decisioni delle coppie nel mettere al mondo dei figli, e cioè l’allungarsi dei tempi di formazione, le difficoltà per trovare un lavoro stabile, la bassa crescita economica, il problematico accesso al mercato delle abitazioni. Fattori che stanno oggi contribuendo alla forte contrazione di primi figli nel Paese, dopo una fase, tipicamente di inizio millennio, nella quale le criticità riguardavano soprattutto il passaggio dal primo al secondo figlio. Nel 2022 quasi un nato su due è primogenito. I nati del primo ordine ammontano, infatti, a 192.525 unità, il 48,9% del totale dei nati, registrando una significativa crescita assoluta (+6mila) e relativa (+3,2%) sul 2021. I figli di ordine successivo al primo diminuiscono invece del 6,1% nell’ultimo anno.

L’aumento dei primi figli si deve al recupero dei progetti riproduttivi rinviati dalle coppie a causa della pandemia. Infatti, l’incremento riscontrato tra il 2021 e il 2022 assorbe completamente la riduzione rilevata tra il 2020 (192.142) e il 2021 (186.485 primogeniti) pari al -2,9%. Questo recupero ha agito con impatto diverso nelle aree del Paese. Nel Centro si è concretizzato in una minore diminuzione dei nati del primo ordine tra il 2021 e il 2022 (era -2,3% dal 2020 al 2021, è -0,2% dal 2021 al 2022), nel Nord si manifesta con un riassorbimento completo (da -1,3% a +1,5%) ma è nel Mezzogiorno che si riscontra il salto maggiore (da -5,5% a +7,6%), anche in relazione al fatto che in quest’ultima ripartizione la diminuzione negli anni passati era risultata particolarmente elevata (-4,4% dal 2019 al 2020)

L’aumento dei primogeniti si inserisce, quindi, a sorpresa nel quadro di un trend decrescente di lungo corso. Dal 2008 a oggi, infatti, i nati di primo ordine sono diminuiti del 32,4% mentre quelli di ordine successivo al primo del 31,2%. In tale periodo, il Centro ha presentato la diminuzione di primi figli più intensa, pari al -38,4% (-35,3% negli ordini successivi), con l’Umbria che registra il primato assoluto con una variazione dei nati di primo ordine del -42,4% (-38,2% per i successivi ordini). Nel Nord, dove il calo dei primi figli è del 34,5% (-28,8% per i successivi), la regione che registra la maggiore diminuzione è la Val d’Aosta-Vallée d’Aoste, -43,8% (-35,5% tra gli ordini successivi). Nel Mezzogiorno il calo di nascite di primo ordine nel periodo 2008-2022 è pari al 25,2% mentre per gli ordini successivi si attesta al -32,2%. La regione in cui il calo risulta minore è la Campania, -20,9% per i nati di primo ordine, -31,4% per quelli successivi al primo.

Cala il contributo alla natalità da parte dei cittadini stranieri

I nati da genitori in cui almeno uno dei partner è straniero continuano a diminuire nel 2022, attestandosi a 82.216 unità e costituendo il 20,9% del totale dei nati. Dal 2012, ultimo anno in cui si è osservato un aumento sull’anno precedente, queste nascite sono diminuite di 25.789 unità. I nati da genitori entrambi stranieri sono 53.079 (26.815 in meno sul 2012) e costituiscono il 13,5% del totale dei nati.

I nati in coppia mista, passati da 28.111 nel 2012 a 29.137 nel 2022, presentano nel tempo un andamento tutt’altro che regolare. Il crescente grado di “maturità” dell’immigrazione nel Paese, testimoniato anche dal notevole aumento delle acquisizioni di cittadinanza italiana, rende però sempre più complesso misurare i comportamenti familiari dei cittadini di origine straniera. Si riscontra, infatti, un numero rilevante di acquisizioni di cittadinanza proprio da parte di quelle collettività che contribuiscono in modo più cospicuo alla natalità della popolazione residente. Dai dati più recenti sulle acquisizioni emerge che, nel 2021, circa il 40% delle acquisizioni di cittadinanza da parte di donne straniere riguarda le collettività albanese, marocchina e rumena.

L’incidenza delle nascite da genitori entrambi stranieri sul totale dei nati è notoriamente molto più elevata nelle regioni del Nord (19,3%) dove la presenza straniera è più radicata e, in misura minore, in quelle del Centro (15,1%); nel Mezzogiorno l’incidenza è molto inferiore rispetto al resto d’Italia (5,6% al Sud e 5% nelle Isole). Nel 2022 la regione con la più alta incidenza di nati stranieri rispetto al totale è l’Emilia-Romagna (21,8%). Tra le altre regioni del Nord, quasi un nato su cinque è straniero in Lombardia e Liguria, rispettivamente il 19,9% e il 19,7%; seguono il Veneto (18,9%), il Piemonte (17,6%) e il Friuli-Venezia Giulia (17,5%). Al Centro spicca la Toscana (17,3%), mentre nel Mezzogiorno la percentuale è decisamente più contenuta, con un minimo in Sardegna del 4,1% e un massimo in Abruzzo del 9,1%. Allargando l’analisi territoriale al complesso dei nati con almeno un genitore straniero si riscontrano analogie con quella sulle nascite da genitori entrambi stranieri ma con intensità più elevate: nel 2022 ha almeno un genitore straniero il 29,6% dei nati al Nord e il 23% al Centro; al Sud e nelle Isole le percentuali scendono invece al 9% e all’8,4%. Considerando la cittadinanza delle madri (Figura 3), al primo posto si confermano i nati da donne rumene (11.804 nati nel 2022), seguono quelli da donne marocchine (8.744) e albanesi (7.768); queste cittadinanze coprono il 38,6% delle nascite da madri straniere residenti. La propensione a formare una famiglia con figli tra concittadini (omogamia) è alta nelle comunità rumena, marocchina, albanese, bengalese e nigeriana.

La fecondità delle cittadine italiane rimane al minimo storico

Nel 2022 le donne residenti in Italia tra i 15 e i 49 anni hanno in media 1,24 figli, valore in lieve calo rispetto all’anno precedente (1,25) e in linea con il trend decrescente in atto dal 2010, anno in cui si registrò il massimo relativo di 1,44 figli per donna. Il calo della fecondità sembra proseguire nel corso del 2023. Sulla base del numero provvisorio di nati rilevato tra gennaio e giugno, il numero medio di figli per donna è stimato in 1,22. Per trovare livelli di fecondità così bassi per il complesso delle donne residenti bisogna tornare indietro ai primi anni Duemila. Tuttavia, in quegli anni la tendenza indicava un recupero dopo il minimo storico di 1,19 figli per donna registrato nel 1995, recupero attribuibile in parte al contributo delle donne straniere. Nel 2006, ad esempio, la fecondità delle straniere era pari a 2,79 figli per donna, ma poi è diminuita sino a raggiungere il valore di 1,87 nel 2022.

Il Centro presenta la fecondità più bassa, pari a 1,16 figli per donna, in calo rispetto al 2021 (1,19). Si osserva un significativo differenziale tra il Nord-est e il Nord-ovest: nel primo si registra il primato della fecondità con un valore di 1,29 figli per donna, superiore all’1,24 del Nord ovest, che è invece in linea con la media nazionale. Il Nord nel suo complesso e il Mezzogiorno registrano nel 2022 un uguale livello di fecondità (1,26), risultato di due variazioni opposte registrate nell’ultimo anno: un calo nel Nord (da 1,28 nel 2021) e un aumento nel Mezzogiorno (il tasso di fecondità era 1,25). Nel Nord, dove la fecondità negli anni Duemila era aumentata, i livelli di fecondità continuano la loro discesa, mentre il Mezzogiorno registra nell’ultimo anno un lieve aumento, dovuto a un recupero di progetti familiari rinviati dal biennio pandemico. La Provincia autonoma di Bolzano/Bozen presenta il massimo valore di fecondità (1,65). Segue, a una discreta distanza, la Provincia autonoma di Trento con 1,37. Nel Mezzogiorno i valori massimi si registrano in Sicilia (1,35) e in Campania (1,33). La Sardegna continua a presentare il più basso livello di fecondità (0,95) e nuovamente in calo sull’anno precedente (0,99). La fecondità delle cittadine italiane nel 2022 non varia rispetto all’anno precedente, rimanendo stabile sul livello di 1,18.

Il numero medio di figli per donna delle italiane è in lieve calo al Nord (da 1,16 a 1,15) in contrapposizione all’aumento che si registra nel Mezzogiorno (da 1,22 a 1,24). Presenta un lieve calo anche il Centro (da 1,13 del 2021 a 1,11 del 2022). Al Nord, a detenere il primato della fecondità delle italiane resta sempre la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (1,55) seguita dalla Provincia autonoma di Trento (1,28). Tra le regioni del Centro, il livello più elevato si osserva nel Lazio (1,13) mentre nel Mezzogiorno spiccano la Sicilia (1,32) e la Campania (1,31); in Sardegna si registra il valore minimo pari a 0,93, in calo rispetto allo 0,97 del 2021.

In media si diventa madri a 31,6 anni

L’evoluzione della fecondità di periodo è fortemente condizionata dalle variazioni nella cadenza delle nascite, ovvero dalle modifiche osservate nel tempo nella distribuzione per età delle madri. L’aumento del numero medio di figli per donna registrato tra il minimo del 1995 e il 2010, ad esempio, si è verificato nei territori interessati dal recupero delle nascite precedentemente rinviate dalle donne italiane, e dove la presenza straniera è più stabile, radicata e con un profilo per età delle madri più giovane (quindi più nati stranieri o con almeno un genitore straniero).

Storicamente, ciò è accaduto in particolare nelle regioni del Nord e del Centro mentre nel Mezzogiorno è proseguito il fenomeno della denatalità a causa della posticipazione delle nascite, ancora in atto da parte delle cittadine italiane, neanche compensata dalla quota, modesta in questa area, di nascite di bambini con almeno un genitore straniero. Per il totale delle donne residenti l’età media al parto rimane stabile rispetto al 2021, pari a 32,4 anni, più alta per le italiane (32,9) rispetto alle straniere (29,6), ma rispetto al 1995 la crescita è di oltre due anni. In misura marcata è cresciuta anche l’età media alla nascita del primo figlio, che oggi si attesta a 31,6 anni, oltre tre anni in più rispetto al 1995.

Scendendo a livello territoriale, l’età media al parto è più alta nel Centro e nel Nord (32,8 e 32,5) rispetto al Mezzogiorno (32,0). Il Lazio è tra le regioni che presentano il calendario più posticipato (33 anni). Nel Nord, è la Lombardia a registrare l’età media al parto più alta (32,6 anni), mentre la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen quella più bassa (31,8 anni). Nel Mezzogiorno, l’età media al parto delle residenti in Sardegna e in Molise si attesta a 32,9 anni, superata solo da quelle della Basilicata (33,1 anni). Le madri più giovani d’Italia risiedono in Sicilia, con un’età media al parto di 31,5 anni.

Confrontando i tassi di fecondità per età del 1995, del 2010 (italiane e totale residenti) e del 2022 (italiane e totale residenti) si osserva uno spostamento della fecondità verso età sempre più mature. Rispetto al 1995 i tassi di fecondità sono cresciuti nelle età superiori a 30 anni mentre continuano a diminuire tra le donne più giovani. Questo fenomeno è ancora più accentuato se si considerano le sole cittadine italiane, per le quali, confrontando la fecondità del 2022 con quella del 2010, il recupero della posticipazione si osserva solo a partire dai 35 anni.

Leonardo e Sofia i nomi preferiti dai neogenitori

Il nome più scelto dai genitori a livello nazionale è Leonardo, che mantiene il primato conquistato nel 2018; al secondo posto risale Francesco che conquista due posizioni sul 2021. Stabile Tommaso che rimane al terzo posto, mentre Alessandro scende dal secondo al quinto. Situazione immutata tra i nomi femminili rispetto al 2021: stabili Sofia in prima posizione, Aurora in seconda, Giulia in terza e Ginevra in quarta. Leonardo è al primo posto in tutte le regioni del Centro-nord (a eccezione della Provincia autonoma di Bolzano/Bozen, dove primeggia il nome Leo, e dell’Umbria, dove prevale Tommaso). Leonardo è il nome preferito, come nel 2021, anche in diverse regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Sicilia e Sardegna. Il nome Francesco si mantiene stabile al primo posto in quattro regioni del Mezzogiorno (Molise, Puglia, Basilicata e Calabria) mentre Antonio continua a primeggiare in Campania.

Per le bambine, il nome Sofia primeggia in tutte le regioni del Centro-nord (a eccezione della Provincia autonoma di Bolzano/Bozen, dove si conferma ancora Emma, e in Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste, dove si afferma Alice) e in Abruzzo, Calabria, Sicilia e Sardegna. Giulia, stabile al terzo posto in classifica nazionale, mantiene la prima posizione in Campania, Puglia e Basilicata. Aurora, seconda in graduatoria nazionale, è sul gradino più alto del podio soltanto in Molise. I bambini stranieri nati da genitori residenti nel nostro Paese si chiamano prevalentemente Adam, Amir e Rayan, ma anche Leonardo, Matteo e Luca. Anche tra le bambine straniere il primato spetta a Sofia, seguito da Sara, Amira, Emma, Emily e Aurora.

Le preferenze dei genitori stranieri si differenziano a seconda della cittadinanza. Considerando le quattro cittadinanze per maggior numero di nati da genitori entrambi stranieri, la tendenza a scegliere per i propri figli un nome diffuso nel paese ospitante è più spiccata nella comunità rumena. Infatti, i nomi più frequenti tra i nati rumeni sono: Leonardo, David, Luca, Matteo e Gabriel, mentre per le bambine troviamo Sofia (anche nella variante di Sofia Maria), Emma, Amelia e Maria. I bambini albanesi si chiamano prevalentemente Aron e Liam, ma anche Noel, Enea e Alessio mentre le bambine Emily, Aurora, Luna, Chloe, Emma e Amelia.

Un comportamento opposto si riscontra tra i genitori del Marocco e del Bangladesh, che prediligono per i figli nomi legati alle tradizioni del paese d’origine. I bambini maschi marocchini si chiamano soprattutto Amir, Adam, Rayan, Youssef e Jad; le bambine marocchine Amira, Sara, Nour, Jannat e Malak. I genitori del Bangladesh scelgono per i figli maschi soprattutto Ayan, Anas, Arham, Safwan, Zayan e Ayman; per le bambine: Ayesha, Fatiha, Mariam, Fatima, Sara e Arisha. Nonostante ci siano quasi 26mila nomi diversi per i bambini e poco meno di 25mila per le bambine, la distribuzione del numero di nati secondo il nome rivela un’elevata concentrazione intorno ai primi 30 in ordine di frequenza, che complessivamente coprono quasi il 44% di tutti i nomi attribuiti ai maschi e quasi il 38% di quelli alle femmine.

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